PRESENZE | Gianfranco TASSI

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PRESENZE

Gianfranco TASSI

 

a cura di Diego PASQUALIN

 

inaugurazione sabato 1 Ottobre 2016 | ore 18:00

1 | 23 Ottobre 2016

 

 

Non è vero che esiste sempre una scelta giusta e una sbagliata, ho pensato. Possono essere tutte e due giuste o sbagliate, in ogni caso impraticabili contemporaneamente.
Diego Cugia, l’Incosciente

“C’è uno spazio che avanza tra il mio e il tuo spazio” risuona la canzone in sottofondo che sto ascoltando in questo momento mentre mi accingo a scrivere il testo di presentazione per la mostra PRESENZE di Gianfranco TASSI nel centro culturale vercellese Studiodieci | noforprofit | citygallery.vc; in quest’intercapedine scivolo osservando le immagini delle sue opere e le sue “teste”, nella mia testa, attestano la loro volontà ed indipendenza e pretendono ch’io vada ora a dialogare con loro.
Lo scenario che mi si presenta innanzi è degno di una vera udienza alla corte del TASSI. Mai come per questa mostra, il rosso delle pareti, risulta funzionale, per non dire necessario, alle opere che quest’autore ha pensato per le sue Presenze. Tutti quei volti posti a scrutare l’osservatore sono ritratti plastici di persone che l’autore incontra e vive nella propria quotidianità, presenze reali che qui, grazie al purpureo fondale, ci proiettano simbolicamente nella “testa” dell’artista. Sculture, ma anche un qualcosa in più sul suo intimo privato e il suo rapporto con l’altro. Risulta dunque impossibile non pensare a Jean-Paul Sartre e al suo L’essere e il nulla:

In mezzo al reale, infatti, cosa c’è di più reale degli altri? Essi sono una sostanza pensante della stessa mia essenza, sostanza che non può svanire in qualità primarie o secondarie della quale io trovo in me le strutture essenziali. Tuttavia, mentre il realismo tenta di spiegare con un’azione del mondo sulla sostanza pensante, non si cura di stabilire un’azione immediata e reciproca delle sostanze pensanti fra di loro; esse comunicano tra loro avendo il mondo come intermediario; tra la coscienza altrui e la mia, il mio corpo come cosa del mondo e il corpo d’altri sono gli intermediari necessari. L’anima altrui è quindi separata dalla mia da tutta la distanza che separa, prima di tutto, la mia anima dal mio corpo, poi il mio corpo dal corpo altrui, e infine il corpo dell’altro dalla sua anima. E, se non è certo che il rapporto del per-sé con il corpo sia un rapporto di esteriorità (dovremo trattare questo problema più tardi), è almeno evidente che la relazione del mio corpo con il corpo d’altri è una relazione di pura esteriorità indifferente. Se le anime sono separate dai loro corpi, esse si distinguono l’una dall’altra come questo calamaio da questo libro, cioè non si può concepire nessuna presenza immediata dell’una all’altra. E se pure si ammette una presenza immediata della mia anima al corpo d’altri, bisogna ancora che io superi tutto lo spessore di un corpo prima di raggiungere la sua anima.

[…]
Le PRESENZE sono quindi presenze-frammento mai complete perché mai completamente rivelate. La frontalità di queste opere mette in risalto questa parte-che-manca perché indicibile, nel senso di non dicibile, perché troppo privata ed irrispettosa nei confronti di chi, esattamente come per Luca Svevi, soggetto-oggetto-centro del romanzo di Diego Cugia L’Incosciente, si trova ad imbattersi con tutti i volti, per meglio dire le presenze, che hanno interferito nella vita di quest’artista e viceversa. Quest’interferenza è dunque il punto di contatto di un mondo da raccontare, il punto di contatto tra realtà vicine che si sfregano quell’attimo, il tempo di uno scatto fotografico, dello strappo della pagina di una rivista, il tempo di una saldatura tra due ferri, di quel tempo che è vita.
Ancora uno sguardo alle sale di questa mostra che possono essere lette come concessioni dell’artista a percorrere camere private della sua mente. Sarà buona educazione togliersi le scarpe ed incamminarsi con molta attenzione e rispetto, fermarsi a dialogare con ognuna di queste “presenza” ed ascoltare quel che ha da dirci di sé e del suo rapporto con Gianfranco TASSI. Proprio ora ho capito che mi hanno chiesto di abbassare il volume della musica non tanto in sottofondo, di avvicinare a loro il mio orecchio e ridurre finalmente quello spazio che ha smesso di avanzare tra il mio e lo spazio degli altri.

Diego PASQUALIN per StudioDieci

 

(dal testo critico del catalogo)