M E N O 3 0

“[…] il Tutto è necessariamente illimitato, perché, se avesse un limite, ciò che fosse al di là di quel limite non sarebbe compreso nel Tutto, e questa ipotesi è assurda. Ciò che non ha limite può essere chiamato Infinito e, poiché contiene tutto, questo Infinito è il principio di tutte le cose. […]”
(René Guénon, Il Demiurgo)

Click. Un apparente semplice gesto. Click e l’immagine si ferma; l’immagine che attraverso l’obbiettivo della macchina fotografica rimarrà lì anche per noi, mentre il mondo fuori proseguirà il suo naturale decorso. La tenerezza di un uccellino intento a godersi gli ultimi raggi di una giornata ormai in declino svanirà nel momento stesso in cui spiccherà il volo abbandonandoci ai nostri pensieri. Click. Vanessa DOSIO è stata in grado di regalarci questa poesia. Nei suoi scatti fotografici il soggetto principale non è ciò che in prima istanza ci si mostra innanzi, ma il Tempo. Tempo che è Tutto. Così sfilano sulle pareti continui RÊVERIE, quei sogni ad occhi aperti in grado di collegare il qui ed ora ad un tempo e luogo altro ed intimo, psicologico ed emotivo. Come porte da varcare, soglie continue tra il di fuori e il di dentro. Così ci si arrampica sull’albero della propria infanzia nell’intento di ricordarsi l’umido odore del muschio che aleggiava in quell’aria innocente e crudele. L’urto di un’onda sulla scogliera, il frastuono del cuore che ancora una volta ha sbagliato e lo sguardo perplesso ed interrogativo di un animale che ci guarda di sbieco incuriosito e al tempo stesso preoccupato, altro non sono che inviti a nuove digressioni. L’obbiettivo si dilata, si avvicina, deve scrutare ulteriormente, non è ancora soddisfatto, vuole osservare ogni anfratto affinché non ci siano vie di fuga o possibili distrazioni. Persino il colore in questa fase diventa superfluo. Chiodi vecchi e arrugginiti che non si è in grado di abbandonare, la brina di una fredda notte, l’intreccio di spighe spezzate al nostro passaggio. Click.
L’acqua del fiume scorre lenta e nell’accarezzare le fronde di quegli alberi che toccano quella vibrante superficie, ogni tanto si porta con sé qualche foglia e qualche pezzo di noi.
Gli occhi si riaprono e l’incanto è rimasto in quell’altra metà di cielo.
Click o forse ancora sogno.
Forse.

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Diego Pasqualin per StudioDieci

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fotografie di Alessi TRIPODI