HISTORY REWIND | Robert Gligorov

H I S T O R Y   R E W I N D

R o b e r t   G l i g o r o v

a cura di Diego Pasqualin

18 marzo | 30 aprile 2023

inaugurazione sabato 18 marzo ore 17:00

La storia, a voler essere esatti, non si ripete, ma, poiché le illusioni di cui l’uomo è capace sono limitate di numero, esse ritornano sempre sotto un diverso travestimento, dando così a una porcheria ultradecrepita un’aria di novità e una vernice tragica.

(Emil Cioran, L’inconveniente di essere nati, Adelphi. 1973. Pag 126)

Domani. Sempre domani. Mi ritrovo a rimandare di giorno in giorno quello che sono, quello che vorrei essere, quello che, forse, non sarò mai perché è sempre e comunque domani, mentre cerco di tenere insieme tasselli, di un’esistenza feroce, che continuano a non combaciare. In fondo sono un eterno innamorato. Nonostante tutto non riesco a lasciare andare e ad immaginare la mia vita differente da quella che è, anche se, qualche volta, mi diverto a fantasticare e mi apro a possibili digressioni. Le mie mani non sono poi così più tanto giovani, iniziano a mostrare i segni delle avventure, dei lavori svolti e di quella guerra interiore che compone il mio quotidiano. A volte scrivo, altre disegno, altre ancora resto immobile sul divano incredulo del mondo che mi circonda. Penso a quell’umanità che ancora fatica a definirsi tale; ripenso alla lezione di Gianbattista Vico e ai suoi corsi e ricorsi storici e mi domando se, nel mio piccolo, sono mai stato in grado di imparare da ciò che, fino ad ora, ho vissuto: un amore concluso, i postumi di una sbornia, la morte di una persona cara, l’arte, un dente cariato, le amicizie e il senso civico. Potrei proseguire all’infinito stilando un bilancio che, allo stesso tempo, dovrebbe/potrebbe essere anche come le fondamenta di nuove costruzioni, ma più ci penso e più mi rendo conto che non sono altro che una palafitta su un terreno fangoso, nel quale sprofondo; impronte lasciate sul bagnasciuga, immediatamente cancellate o, in altro modo, riassorbite in quel tempo che abortisce se stesso e ha annullato lo spazio per poter essere ciò che è: contemporaneo. 

Ancora una volta riapro la porta di StudioDieci e tutta quell’oscurità mi avvolge per un istante, ricordandomi che sono in un territorio amico, nonostante tutto. L’odore di umido, i muri scrostati e la moquette logora portano i segni di tutti quei sogni che sono passati tra quelle pareti, finestre aperte attraverso le quali scrutare il mondo. Dopo tante collaborazioni nell’arco di anni, tante avventure, molte folli, per la prima volta il centro culturale vercellese per l’Arte Contemporanea ospita un’inedita personale di Robert Gligorov. Disarmante. Ironica. Cinica. Acuta. Feroce. Libera. Si, Libera! Lontana dalle immagini patinate e cruenti, questa volta, questo grande artista ha scelto di utilizzare il disegno come mezzo scevro da ogni orpello affinché l’immediatezza dell’impatto fosse ancora più diretta. In bilico tra fumetto e illustrazione, pittura e fotografia, le linee che demarcano i vari soggetti paiono essere assi temporali contorti, nei quali si annidano i ricordi dei drammi che continuano a ripetersi. L’inizio di una decadenza percepibile dalle numerose bocche sdentate che tornano nelle varie composizioni, portano i segni dell’inizio di un declino personale e sociale e all’incapacità-impossibilità di prendersene cura. Forse nemmeno Cristo poteva aspettarsi tanto, così l’autore ha scelto di crocifiggerlo di spalle non per punirlo ulteriormente, ma per risparmiargli la frettolosa noncuranza di un’umanità che ha scelto di non esser salvata: dalla fede? Dalla scienza? Dalla Cultura? Poco importa. Idoli e divinità abbondano in questa piazza di mercato, in cui parlare e dire non sono sinonimi. Accerchiato da mosche che sfregano le zampe e ghignano, mi ritrovo a grattarmi ovunque per togliermi la sensazione di averle addosso e supero il ribrezzo per poter scrutare più da vicino l’elegante catastrofe che  caratterizza i lavori di Gligorov. Incubi premonitori di ciò che avverrà, o meglio, che si ripeterà ancora. Domani. Sempre domani. Ancora un’altra volta, all’indomani dello scoppio dell’ennesimo conflitto, una storia che si ripete, perché è proprio questo il filo conduttore che lega assieme tutte queste opere: HISTORY REWIND. Non vi è via di scampo dall’attenta analisi della realtà che questo Artista ha scelto di percorrere. Le opere sono un’operazione sociale e non un mero manierismo tecnico costruito per adornare le pareti; Il ritorno al disegno, il recupero della figura che non è più celebrativa, ma pura narrazione fanno di queste opere uno nuovo punto di partenza nella produzione di Gligorov, ecco la scelta di creare un alter-ego che, allo stesso tempo, è anche un ego et alter dal Sè immaginato che vede nella figura di Tung Milk il corpo dell’autore, caricato di un dolore che non ha scelto di avvertire del suo arrivo, ma in modo fulmineo, ha alterato, bistrattato, logorato, maciullato e ed espanso oltre ogni limite lo strato epidermico. Per un attimo ho pensato che fosse lì per fare da filtro mediatico tra me e tutti quei drammi che il mondo ancora non è stato in grado di superare, ma subito dopo ho capito che anche il mio stesso fare ha fatto sì che Tung Milk si riducesse in quel modo. Mi scruto attorno, controllo che non ci sia nessuno. Incurante dei germi e dello sporco faccio scorrere il mio dito indice sui miei denti; ci sono ancora tutti. C’è ancora tempo. Volto le spalle a questi capolavori e mi ripeto: “Domani!”.

Diego Pasqualin per Robert Gligorov